“Ne
vale la pena vivere, piangendosi addosso?”
27
settembre
Caro diario,
negli ultimi giorni mi sento…
benissimo direi. Nemmeno Lui aveva potuto rovinare quest’umore. Ho un occhio
nero e blu, ma se dovessi essere sincera, ho una maglia che si abbina a questo
colore: questo spiega che non è riuscito a uccidere quel poco di positivismo
che si nasconde nel profondo della mia anima, se già ne ho una.
In un certo senso,
quell’angoscia che provo non appena si intrufola nella mia stanza, e il dolore
che ne segue, (te ne sei già avveduto del modo), mi aiuta a farmi comprendere
che, in effetti, sono viva.
Se c’è una cosa per cui
ringrazio Stephen, è proprio questa. Se lui non avesse iniziato a farmi del
male, probabilmente avrei iniziato a farlo da sola da un bel pezzo. Sentirmi
viva, di nuovo, facendo dei tagli orizzontali sul braccio sinistro e poi su
quello destro, facendo sparire tutto quello che si nasconde dentro di me, tutto
quello negativo, che inizia a mangiarsi lentamente, all’inizio solo il mio
cuore, e poi il resto dei miei organi interni.
Ho un nuovo amico, il mio
primo amico. Si chiama Matthew, letteralmente “il dono di Dio”.
Non so se potrei definire il
nostro “rapporto” una vera e propria amicizia, dal momento che lo conosco da
una settimana scarsa, ma con lui mi sento bene. È l’unico che mi è stato
accanto in questi giorni, per la verità
è l’unico che mi è stato accanto in generale.
Amo i suoi occhi, che cambiano a seconda della
luce: a volte sono blu scuro, a volte verde oliva, a volte grigi. Sembrano gli
occhi di un angelo sceso dal cielo.
Se dovessimo evitare questa
pateticità, come direbbe Stephen, ho sempre amato guardare la gente negli
occhi, di sovente non riuscendoci. Non è così facile affrontare lo sguardo di
qualcuno, sottometterti a quello che prova, che pensa, a quello che lo sguardo
in sé riesce a trasmetterti. Poiché, ogni sguardo è diverso, ma di certo è il
modo di comunicare più onesto e sincero, migliore di tutte le parole che
potresti trovare. Il suo incute una certa pace, che inizia a divorare il male
che si nasconde dentro di te, facendoti diventare felice all’improvviso.
Ho raccontato a mamma di
Matt, della nostra amicizia, dei suoi occhi. Ha sorriso, un sorriso innocente, vero, che agli estranei potrebbe
sembrare soltanto come una piega della bocca, ma non è così. Vedi, caro diario,
lei non sorride spesso: farei fatica a ricordarmi quand’era l’ultima volta che
l’ha fatto.
Mi domando quando sarà la
prossima volta che la vedrò sorridere e se lo farà mai di nuovo.
Tuttavia, penso che tutte
queste previsioni e domande sul futuro siano piuttosto inutili: ti illudono
completamente, ed è un modo più lento di autodistruggersi.
Bisogna vivere oggi,
imparando dagli errori commessi ieri e non preoccuparsi per domani.
E io, insomma, io oggi potrei
essere definita soddisfatta, se non felice. Anche se ho paura che anche la
felicità sia un inganno, che corroda il cuore e faccia perdere la mente, che
crei una forte dipendenza e che poi ti lasci senza un briciolo di speranza.
Ma se è questo che comporta
la felicità, ne vale la pena vivere piangendosi addosso?
È il dilemma che mi tortura
quest’oggi, del quale non penso esista una risposta concreta: ognuno di noi può
interpretarla come vuole, ma essa avrà sempre un pizzico di male o bene.
Con questo ti saluto, caro
diario, lasciando anche te nel dubbio di scoprire i segreti della vita.

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