venerdì 1 febbraio 2013

5° CAPITOLO: PENELOPE, IL RAGAZZO DAL VOLTO RIGATO DI LACRIME


“Ne vale la pena vivere, piangendosi addosso?”
27 settembre
Caro diario,
negli ultimi giorni mi sento… benissimo direi. Nemmeno Lui aveva potuto rovinare quest’umore. Ho un occhio nero e blu, ma se dovessi essere sincera, ho una maglia che si abbina a questo colore: questo spiega che non è riuscito a uccidere quel poco di positivismo che si nasconde nel profondo della mia anima, se già ne ho una.
In un certo senso, quell’angoscia che provo non appena si intrufola nella mia stanza, e il dolore che ne segue, (te ne sei già avveduto del modo), mi aiuta a farmi comprendere che, in effetti, sono viva.
Se c’è una cosa per cui ringrazio Stephen, è proprio questa. Se lui non avesse iniziato a farmi del male, probabilmente avrei iniziato a farlo da sola da un bel pezzo. Sentirmi viva, di nuovo, facendo dei tagli orizzontali sul braccio sinistro e poi su quello destro, facendo sparire tutto quello che si nasconde dentro di me, tutto quello negativo, che inizia a mangiarsi lentamente, all’inizio solo il mio cuore, e poi il resto dei miei organi interni.
Ho un nuovo amico, il mio primo amico. Si chiama Matthew, letteralmente “il dono di Dio”.
Non so se potrei definire il nostro “rapporto” una vera e propria amicizia, dal momento che lo conosco da una settimana scarsa, ma con lui mi sento bene. È l’unico che mi è stato accanto in questi giorni,  per la verità è l’unico che mi è stato accanto in generale.
 Amo i suoi occhi, che cambiano a seconda della luce: a volte sono blu scuro, a volte verde oliva, a volte grigi. Sembrano gli occhi di un angelo sceso dal cielo.
Se dovessimo evitare questa pateticità, come direbbe Stephen, ho sempre amato guardare la gente negli occhi, di sovente non riuscendoci. Non è così facile affrontare lo sguardo di qualcuno, sottometterti a quello che prova, che pensa, a quello che lo sguardo in sé riesce a trasmetterti. Poiché, ogni sguardo è diverso, ma di certo è il modo di comunicare più onesto e sincero, migliore di tutte le parole che potresti trovare. Il suo incute una certa pace, che inizia a divorare il male che si nasconde dentro di te, facendoti diventare felice all’improvviso.
Ho raccontato a mamma di Matt, della nostra amicizia, dei suoi occhi. Ha sorriso, un sorriso  innocente, vero, che agli estranei potrebbe sembrare soltanto come una piega della bocca, ma non è così. Vedi, caro diario, lei non sorride spesso: farei fatica a ricordarmi quand’era l’ultima volta che l’ha fatto.
Mi domando quando sarà la prossima volta che la vedrò sorridere e se lo farà mai di nuovo.
Tuttavia, penso che tutte queste previsioni e domande sul futuro siano piuttosto inutili: ti illudono completamente, ed è un modo più lento di autodistruggersi.
Bisogna vivere oggi, imparando dagli errori commessi ieri e non preoccuparsi per domani.
E io, insomma, io oggi potrei essere definita soddisfatta, se non felice. Anche se ho paura che anche la felicità sia un inganno, che corroda il cuore e faccia perdere la mente, che crei una forte dipendenza e che poi ti lasci senza un briciolo di speranza.
Ma se è questo che comporta la felicità, ne vale la pena vivere piangendosi addosso?
È il dilemma che mi tortura quest’oggi, del quale non penso esista una risposta concreta: ognuno di noi può interpretarla come vuole, ma essa avrà sempre un pizzico di male o bene.
Con questo ti saluto, caro diario, lasciando anche te nel dubbio di scoprire i segreti della vita.


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