lunedì 19 novembre 2012

CAPITOLO 2: LA RAGAZZA DAL VOLTO RIGATO DI LACRIME

"POPPY"

I suoi occhi erano per Penelope qualcosa di sovraumano. Quel blu, 
che andava a fondersi nelle tonalità di grigio chiaro e verde oliva 
facevano sì che affogasse in quell’oceano di bellezza.
Se ne era accorto, che lo stava osservando. Ciò gli trasmetteva una strana sensazione di disagio, ma adorava il fatto che qualcuno ponesse attenzione anche a lui, una volta tanto.
Matthew era il solito studente nuovo.
In quei sedici anni, quasi diciassette, aveva probabilmente cambiato almeno dieci scuole,  cosa che gli faceva perdere ogni speranza che nutriva a proposito di stringere amicizie. Tanto, a cosa servivano quegli amici? Si sarebbe trasferito di nuovo, centinaia di chilometri più lontano, e non li avrebbe mai più rivisti.
Aveva scelto il suo posto a caso. Ma ora Penelope lo incuriosiva in una maniera indescrivibile. 
I loro sguardi si incrociarono per un paio di secondi. Matthew sorrise, mentre Penelope abbassò lo sguardo.
Il solito ragazzo che inizierà a prendermi in giro non appena l’ora finisce” pensò tra sé e sé.
Un brivido le percorse il corpo. Pensava troppo, doveva concentrarsi sulla lezione sui bolscevichi e menscevichi. 
Suonò la campanella per segnare il cambio d’ora. Sorrise e rimase fermo a guardarla. 
Quella ragazza, fisicamente, non lo attirava troppo, ma aveva imparato a non giudicare le persone per come apparivano a prima vista. Doveva conoscerla, prima di poterla definire “brutta”.
-Io sono Matt, piacere.- le pose la mano, per stringergliela. La sua mano, così enorme, a prima vista pareva quasi deforme. Quella minuscola della ragazza, dentro la sua, appariva come un piccolo granello di sabbia.
-Penelope…-
Non aggiunse altro. Per la verità, non ne aveva tempo.
In classe entrò quello che riconosceva come il vecchio Clark, il severissimo professore di algebra. 
Quell’uomo era famoso per il semplice motivo che prendeva di mira tutti i nuovi arrivati, accanto al fatto che bocciava la maggior parte dei suoi studenti. Lo divertiva essere detestato da tutti. Dovevano fare un silenzio tombale, per non essere ripresi e portati in presidenza.
Dopo due lunghe ore, passate senza pronunciare nemmeno una parola, la campanella annunciava il pranzo.
Penelope si avviò per il corridoio, dovendo subire le urla e gli urti degli altri. Mise i suoi libri nell’armadietto e scese in mensa, non accorgendosi che qualcuno la stesse seguendo.
Preso il vassoio e il cibo, si accomodò all’unico tavolo che trovò vuoto.
Ad un tratto, sentì una voce provenire dall’alto.
Lo spilungone che per tre ore le era stato vicino adesso era davanti a lei, a pronunciare quella frase che le fece battere il cuore all’impazzata:
-“Posso sedermi qua vicino a te?”-
-Certo.-
-Sai, sei la prima ragazza che vedo che non ha scambiato con me nemmeno tre parole intere. Penelope, giusto? Credo che ti chiamerò Poppy. O Penny? Quale preferisci?- adesso la stava guardando seriamente.
Lei non riusciva a rispondere. Forse perché qualcosa impediva alla sua voce di uscire, di parlare normalmente.
Era la prima volta che un ragazzo come Matthew si stava rivolgendo a lei, non poteva rovinare tutto con il suo essere… così “Lei”.
Doveva cambiare. Sentiva che doveva farlo. Come? Non lo sapeva ancora.


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