“Acqua passata”
Aveva la fedina penale sporca. Aveva, però, giurato
solennemente a se stesso
che avrebbe nascosto il suo passato “oscuro” da tutto il mondo se necessario.
Ed
era l’unica cosa su cui Matthew era pienamente sicuro, per la prima volta
nella sua vita.
Si potrebbe dire che stavolta sua madre, insieme al suo
nuovo marito, forse
quarto di fila, si fossero trasferiti
centinaia di chilometri a ovest proprio
per lui. Proprio dopo quella sera in cui era finito in ospedale
, circondato da
agenti di polizia, e successivamente nel centro di disintossicazione.
Matt, nell’ultima città, non aveva riflettuto bene sulla scelta dei suoi “amici”.
Era popolare, su questo non v’erano dubbi. A tal fine,
però, dovette rinunciare
a tantissimi vantaggi della giovinezza “normale”.
Fumava. Un pacchetto di sigarette al giorno. Era più che consapevole che ciò
gli avrebbe nuociuto tantissimo alla salute, ma non gli importava. Beveva
anche; mai da solo, sempre in compagnia. Spruzzava, inoltre, con bombolette a
spray i muri appena verniciati, scassinava le automobili e si divertiva tanto a
maltrattare i più deboli. In poche parole un delinquente ... anzi, peggio: era uno dei componenti della
Gang della città, gli “Empires”, guidati da un adulto di nome Max.
Riteneva, però, che niente di quello fosse così tanto importante, terribile,
finché poteva avere tutto quello che desiderava.
Spesso
si fermava la notte, insieme a un altro paio di ragazzi, su ordine di Max, a
consegnare piccole scatolette in posti speciali, nascosti. Non si era mai posta
la domanda di cosa contenessero veramente quelle scatolette, ma lo intuiva.
Un giorno, decise di aprirne una con i suoi compagni di banda: piccoli
pacchetti di cocaina, che decisero di provare, ingenuamente.
Divennero
dipendenti, facevano sempre più lavoretti per Max, consegnando scatolette quasi
vuote. Finché un giorno non li beccarono.
Decine di veicoli della polizia, con altrettanti agenti, che portarono i
minorenni, fra cui Matthew, in ospedale. Successivamente, la madre lo mandò nel
centro di disintossicazione.
Susseguirono
lunghe crisi d’astinenza, tre mesi passati a immaginare come fosse stata la sua
vita se non avesse commesso tali errori. Quei mesi lo costarono la bocciatura,
ma la paura più grande era incontrare il capo degli Empires che, per quanto ne
sapeva lui, era in galera.
Quel
trasferimento era per lui l’inizio di una nuova vita, dalla quale avrebbe
eliminato bruscamente tutto il suo passato delinquenziale.
Pensava
che il suo tentativo avesse avuto grande successo. Era passato soltanto un
giorno e lui aveva già conosciuto una persona che, immaginava, sarebbe stata la
sua migliore amica, quella vera, che non gli avrebbe mai fatto del male.
Ne
ebbe la prova il pomeriggio seguente, ormai secondo giorno scolastico, durante
l’ora del vecchio Clark.
-
Così,
lei, Marshall, mi sta dicendo di non
sapere che cosa sia un polinomio? Per favore, questa è la base dell’algebra,
penso si faccia alla scuola primaria ormai! Mi dispiacerebbe metterle
un’insufficienza nella mia materia già dal secondo giorno, ma mi sta deludendo
profondamente. – Pronunciò l’insegnante, con un tono beffardo, ma pur sempre
serio. Stava già incidendo la data dell’interrogazione nel registro
elettronico.
Matthew lo
guardò. Dopotutto, un’insufficienza non era niente in confronto a quello a cui
era sopravvissuto.
Penelope
scribacchiò qualche parola su un pezzo di carta e glielo passò, facendogli una
smorfia simile a un sorriso.
Non era sicura di
ricordare il modo in cui si sorrideva. Ci provava inutilmente, ma non era
felice, nemmeno soddisfatta. E come sorridere se le uniche sensazioni che
provava erano il dolore e la tristezza?
Clark si sorprese
non appena lo studente gli diede l’esatta definizione, che aveva taciuto fino a
qualche momento prima.
Sogghignò, incredulo e dubitativo, ma non controbatté. Guardò i due studenti di soppiatto, ignorando
la loro concisa conversazione.
-
Ottimo, signor Marshall, ottimo. -

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